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Vincent Van Gogh a Palazzo Bonaparte

Vincent Van Gogh a Palazzo Bonaparte

Una straordinaria mostra con 50 opere attraverso cui scoprire i vari periodi e il vissuto dell'affascinante, geniale e tormentato artista. Attraverso le sue opere più celebri - tra le quali il suo famosissimo Autoritratto (1887) - viene raccontata la sua storia.  Nato in Olanda il 30 marzo 1853, Vincent Van Gogh fu un artista dalla sensibilità stuggente. Celeberrimi sono i suoi attacchi di follia, i lunghi ricoveri nell’ospedale psichiatrico di Saint Paul in Provenza, l’episodio dell’orecchio mozzato, così come l’epilogo della sua vita, che termina il 29 luglio 1890, a soli trentasette anni, con un ipotetico suicidio: un colpo di pistola al petto nei campi di Auvers. Nonostante una vita impregnata di tragedia, Van Gogh dipinge una serie sconvolgente di Capolavori, accompagnandoli da scritti sublimi  - le famose  400 “Lettere” al fratello Theo Van Gogh -, inventando uno stile unico che lo ha reso il pittore più celebre della storia dell’arte. 

La mostra di Roma, attraverso ben 50 opere provenienti dal prestigioso Museo Kröller Müller di Otterlo - che custodisce uno dei più grandi patrimoni delle opere di Van Gogh - e tante testimonianze biografiche, ne ricostruisce la vicenda umana e artistica, per celebrarne l'universale grandezza. Un percorso espositivo dal filo conduttore cronologico e che fa riferimento ai periodi e ai luoghi dove il pittore visse: da quello olandese, al soggiorno parigino, a quello ad Arles, fino a St. Remy e Auvers-Sur-Oise, dove mise fine alla sua tormentata vita.

Un allestimento elegante, chiaro, semplice e coinvolgente. Dagli approfondimenti sull'uso del colore, alle tecniche di colori complementari, al trionfo del giallo, suo colore preferito fino a mostrare al pubblico quelli che erano gli stumenti che Vincent utilizzava per i suoi disegni, litografie, acquerelli e dipinti ad olio fino alle affascinanti installazioni visive e sonore.

Dall’appassionato rapporto con gli scuri paesaggi della giovinezza allo studio sacrale del lavoro della terra scaturiscono figure che agiscono in una severa quotidianità come il seminatore, i raccoglitori di patate, i tessitori, i boscaioli, le donne intente a mansioni domestiche o affaticate a trasportare sacchi di carbone o a scavare il terreno con i loro sguardi cuoi e bassi. Spettacolare l'espressività dei volti in cui la fatica  è intesa come ineluttabile destino. Tutte queste sono espressione della grandezza e dell’intenso rapporto con la verità del mondo di Van Gogh. Particolare enfasi è data al periodo del soggiorno parigino in cui Van Gogh si dedica a un’accurata ricerca del colore sulla scia impressionista e a una nuova libertà nella scelta dei soggetti, con la conquista di un linguaggio più immediato e cromaticamente vibrante. 

Si rafforza anche il suo interesse per la fisionomia umana, determinante anche nella realizzazione di una numerosa serie di autoritratti, volontà di lasciare una traccia di sé e la convinzione di aver acquisito nell’esperienza tecnica una fecondità ben maggiore rispetto al passato. 
È di questo periodo l’Autoritratto a fondo azzurro con tocchi verdi del 1887, presente in mostra, dove l’immagine dell’artista si staglia di tre quarti, lo sguardo penetrante rivolto allo spettatore mostra un’insolita fierezza, non sipre evidente nelle complesse corde dell’arte di Van Gogh. I rapidi colpi di pennello, i tratti di colore steso l’uno accanto all’altro danno notizia della capacità di penetrare attraverso l’immagine un’idea di sé tumultuosa, di una sgomentante complessità. 
L’immersione nella luce e nel calore del sud, a partire dal 1887, genera aperture ancora maggiori verso eccessi cromatici e il cromatismo e la forza del tratto si riflettono nella resa della natura. Ecco quindi che torna l’immagine de Il Seminatore realizzato ad Arles nel giugno 1888, con la quale Van Gogh avverte che si può giungere a una tale sfera espressiva solo attraverso un uso metafisico del colore. 
E così Il giardino dell’ospedale a Saint-Rémy (1889) assume l’aspetto di un intricato tumulto, mentre lo scoscendimento di un Burrone (1889) sibra inghiottire ogni speranza e la rappresentazione di un Vecchio disperato (1890) diviene immagine di una disperazione fatale. 

Uno splendida opportunità, un appuntamernto da non perdere,  con il patrocinio della Regione Lazio, del Comune di Roma – Assessorato alla Cultura e dell’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi, la mostra è prodotta da Arthemisia, realizzata in collaborazione con il Kröller Müller Museum di Otterlo ed è curata da Maria Teresa Benedetti e Francesca Villanti.